INTRODUZIONE:
Dare una definizione del “gioco” è estremamente difficile, dal momento che si tratta di una realtà eterogenea, svolta da bambini, adulti e anche da alcuni gruppi di animali. La gamma delle attività che vi possono rientrare a pieno titolo è estremamente varia: gioco competitivo o non competitivo, gioco solitario o di gruppo, gioco con regole fisse o privo di regole, gioco di azzardo o di abilità… Oltre a tutto questo, il gioco è analizzabile sotto diversi aspetti: psicologico, sociologico, antropologico, filosofico, economico e così via. Aristotele lo definisce “un’attività od operazione che si esercita o si esegue solo in vista di se stessa e non per il fine cui tende o per il risultato che produce… Per tale carattere si avvicina alla felicità e alla virtù perché anche queste si scelgono per se stesse e non sono necessarie come quelle che costituiscono il lavoro”. (Et.Nic.,X,6,1176 b 6, trad. di N. Abbagnano, Diziona- rio di Filosofia – UTET). Se già è difficile definire il “gioco”, ancora più difficile è porre con precisione un confine fra gioco, giocattolo, fumetto, creazione pubblicitaria e arte. I limiti si sono molto sfumati, soprattutto negli ultimi decenni, da quando per esempio Duchamp decise di esporre una ruota di bicicletta o Fontana di tagliare una tela. Durante il gioco il bambino usa un oggetto trasformandolo in una realtà diversa con la fantasia, come avviene nel ready made di Duchamp attraverso la sensibilità dell’artista. O ancora, il bimbo apre, rompe il gioco per andare oltre a ciò che può percepire sulla superficie, come accade nelle opere di Fontana e Pomodoro. Disegnare e colorare sono una parte importante dell’attività ludica infantile; il legame fra arte e gioco, infatti, compare precocemente nello sviluppo di una persona e può essere considerato universale. Altre forme espressive volutamente ludiche ed accattivanti sembravano avere un impatto limitato ad una determinata fascia di età o ad una funzione (ad esempio il messaggio pubblicitario), mentre ora si riconosce un respiro decisamente più ampio sia ad alcuni prodotti della pubblicità sia ai giocattoli o ai fumetti. Il mondo della pubblicità all’epoca di Carosello ha creato personaggi che hanno divertito ed emozionato intere generazioni (Carmencita e Caballero, l’ippopotamo Pippo, Calimero, Jo Condor…): difficile non considerarli opere d’arte. I fumetti, prima considerati un intrattenimento e niente più, ora sono fonte di ispirazione per il cinema e oggetto di collezionismo. Il giocattolo da trastullo infantile si è trasformato in oggetto di pregio e si trova ora in numerosi musei. Al tempo stesso l’arte ha attinto ampiamente dalle realtà succitate, basti pensare alla pop art fino ad arrivare al cagnolino o al Braccio di Ferro di Koons. IL CAMBIAMENTO DEL NUOVO MILLENNIO Da migliaia di anni giochi di società e giocattoli hanno avuto caratteristiche simili. Negli ultimi decenni sono comparsi i videogames, che hanno caratteristiche nettamente differenti rispetto ai giocattoli del passato: si tratta sempre di qualcosa realizzato da adulti per i bambini, ma, mentre il giocattolo con- sente al bimbo un uso personale e eventualmente anche il danno all’oggetto può far parte del gioco, nel videogame il bimbo entra in un mondo creato da adulti con variabili precostituite. Personalmente vedere un bambino che, anche da solo, gioca con un aereo di carta facendo il rumore del motore con la bocca, mi rallegra. Vedere lo stesso bimbo in silenzio davanti al monitor di un videogame facilmente mi intristisce… Tuttavia, è ancora presto per trarre conclusioni. Nell’attuale esposizione ho cercato di dare spazio, anche se limitato, ad alcuni giocattoli, a gadget pubblicitari, a tavole di fumetti, ad opere d’arte che trattino l’argomento sotto punti di vista differenti per un utile confronto. Gli artisti tendono a darci un’immagine del gioco non tanto come tenero ricordo infantile, ma spesso il balocco subisce le nostre trasformazioni (ingrassa, invecchia…), viene fatto oggetto di trattamenti di chirurgia plastica, viene abbandonato sotto un cumulo di macerie, oppure esprime i nostri sentimenti di adulti, o ancora viene rivissuto e reinterpretato da chi ormai ha raggiunto la piena maturità artistica. GIOCO E\Eʼ ARTE Il gioco è spesso presente nelle opere: Aeno nelle sue chine fissa le immagini in continuo movimento sulla superficie delle bolle di sapone; A. Castelli rappresenta il fascino di rendersi misteriosi indossando una maschera; D. Belusco fa correre, anzi volare la sua tartaruga da competizione. C. DʼOria utilizza un gioco molto antico come il domino per rappresentare i legami che ci sono fra le varie popolazioni del mondo ormai globalizzato, nel quale, se una società crolla, anche le altre subiscono lo stesso destino per “effetto domino”, appunto. R. Forgione rappresenta una delle tipologie di gioco più utilizzate: la bici- cletta, il triciclo, tutti i giochi con le ruote, che fanno provare al bimbo le prime ebbrezze della velocità, dell’equilibrio instabile e dello spostamento su di un mezzo meccanico. Equilibrio e grazia fanno parte invece di altri movimenti, come quelli della danza, praticata a qualsiasi età e recentemente anche og- getto di videogiochi, come illustrato nel polittico di F. Riccardi, che con le sue “principesse danzanti” dà una raffigurazione antica, richiamandosi però a un nuovo videogioco della Disney con lo stesso titolo. S. Zanoli invece con il suo “Zen on the beach” ci riporta al classico passatempo di far disegni sulla spiaggia, attività così rilassante che è stata ripresa in alcuni aspetti della disciplina zen. Il gioco della palla avvicina grandi e piccini, tanto che molte mogli tendono a considerare i mariti alla stregua dei figli, perché continuano ad essere appassionati a questo sport. Questo legame fra generazioni, che avviene attraverso il pallone, è rappresentato nell’opera di G. Gianasso “Circle game”. E. Rossi ci riporta invece alla fantasia del bambino che con un dirigibile o un disco volante vola in posti reali o irreali senza alcuna differenza. Anche la medicina è un gioco, oltre che un’arte, come dimostrato dalla valigetta del medico qui esposta come simbolo di “giochiamo a fare il dottore”. BAMBOLE Poiché la bambola è il gioco antropomorfo per eccellenza, opera d’arte esso stesso, esposto in numerosi musei dedicati alla storia del giocattolo, non stupisce che sia spesso presente in opere di diversi autori. In questa esposizione assistiamo al passaggio dal gioco alla persona, come avviene in Pinocchio da burattino a bambino. M. Maugliani ritrae una ragazza, con una perizia tale da non far capire se si tratti di una foto o di un dipinto ad olio, ma il soggetto così vivo, in realtà, ha il codice a barre come qualsiasi oggetto acquistabile. La “bambola naufragata” di L. Alessandri, invece, ha il corpo tipico del giocattolo, ma il suo volto si sta trasformando in quello di una persona, con tuttavia uno sguardo tanto luminoso da esaltare la sensazione di mistero; la “bambola mosaica” del medesimo autore è invece un buffo balocco in tutto e per tutto, con uno sguardo attonito che suscita ilarità. Nelle rappresentazioni di B. Fassetta e G. Garrone si percepisce la tristezza per il progressivo abbandono del gioco e della fantasia tipico della vita adulta. Garrone “schiaccia” il gioco sotto le macerie di una grigia città incombente, Fassetta invece lo ripone ordinatamente sopra ad uno scaffale in compagnia di oggetti di lavoro. Quale sarà il futuro? Oggi siamo in grado di sostituire svariate parti del nostro corpo con protesi meccaniche, ma fino a che punto arriveremo e quanto resterà di noi? Pare porsi proprio questa domanda L.I. Montero nella sua opera “Androidi al chiaro di luna”. IL GIOCO EVOLVE COME NOI Un ragazzo e una ragazza nati a cavallo fra gli anni ‘50 e ‘60 oggi sono vicini alla sessantina: è normale che presentino i segni del tempo come Barbie e Ken realizzati da A. Risi. La bellezza inalterabile delle bambole originali pareva avvicinarsi alla funzione del ritratto di Dorian Gray, che consentiva al suo possessore di mantenere inalterato il proprio aspetto. Con l’opera di Risi in- vece l’incanto si rompe e si torna alla realtà. Stesso destino subiscono anche i supereroi di De Molfetta, che coprono le rughe con il loro costume, ma il fisico si appesantisce senza possibilità di es- sere occultato. Lo spiderman di D. Pellegrino rimane invece fisicamente inec- cepibile, ma il suo costume si arricchisce di decori tipici della Trinacria, lasciando probabilmente trasparire le proprie origini, come accade alla maggioranza dei personaggi famosi degli USA, che hanno famiglie originarie dalle più svariate parti del mondo. LA CRUDELTÀ Come i famosi dolci “Madeleines” di Proust, il gioco ci riporta al ricordo di una età lontana nel tempo e ormai idealizzata. “Gioco crudele” di R. Montenero sottolinea invece l’aggressività spesso presente e facilmente osservabile durante il gioco di bambini, che mettono a disagio noi adulti quando li vediamo tormentare piccoli animali o distruggere giocattoli anche belli per “vedere come sono fatti dentro”. G. Cassano esprime invece la propria rabbia per la Barbie, prima amata in epoca infantile e poi mutilata in epoca adolescenziale \ adulta perché ritenuta un modello non raggiungibile né per ricchezza (ha bei vestiti, auto di lusso, camper, ecc.), né per bellezza: per avere un fisico così, infatti, spesso si ricorre alla chirurgia o a diete massacranti. LE REGOLE Molti giochi , ad esempio quelli di società o quelli sportivi, hanno delle regole seguendo le quali il gioco stesso si può svolgere e garantire il divertimento a chi lo pratica. La possibilità di infrangere le regole del gioco, come rappresentato nell’opera di C. Battaglini, fa parte della realtà e del divertimento derivante dalla modalità di interazione fra bimbi, che per un po’ si comportano secondo quanto viene loro proposto, ma poi iniziano a dare un “contributo” personale. Anche nelle partite degli Harlem Globetrotters, ad esempio, lo spettacolo e il divertimento non deriva tanto dalla qualità del gioco del basket, ma proprio dall’indisciplina dimostrata dai giocatori. La rottura delle regole non è invece possibile con i videogames, dove si superano difficoltà crescenti, ma sempre nell’ambito di schemi precostituiti. GIOCARE REALIZZANDO LʼOPERA DʼARTE Il fatto che tutti i bambini disegnino dimostra che la trasposizione delle immagini create nella nostra mente in opere su carta, in costruzioni, in realizzazioni plastiche ecc. fa parte delle attività ludiche dell’infanzia e che pertanto può essere vera l’affermazione secondo cui l’artista è una persona che non smette di essere in qualche modo bambino. Alcune opere evidenziano questo aspetto certamente più di altre. R. Zargani sembra sfidarci a capire che cosa ha utilizzato per realizzare il suo quadro “Pinocchio che esce dalla pancia della balena” (tovaglioli di carta, zucca, tappi di damigiana, legni diversi, pel- liccia di visone bianco, sabbia del Sahara, conchiglie fossili…); Lady Be realizza invece il suo ritratto di S. Dalì con frammenti di giochi, tanto che, visto da vicino, pare un assemblaggio casuale e solo da lontano lascia comparire la figura tanto più nitida con l’aumentare della distanza; Jacovitti realizza invece a china il suo “Cocco Bill” acquerellando la parte posteriore del foglio, cosicché è possibile vedere il disegno a colori solo retroilluminandolo. L’imponderabile è un altro fattore tipico del divertimento: se potessimo pre- vedere tutto dello svolgimento del gioco, ci annoieremmo: G. Vigna, spiegando la realizzazione del suo raku dal titolo “Oltre il nero”, racconta l’emozione di estrarre l’opera incandescente senza poter prevedere come ri- sulterà il craquelé della superficie, se non dopo un lento raffreddamento. P. Chiarloni realizza invece i suoi animali fantastici scavandoli nel legno; il risultato li rende simili a fossili, ma l’antichità apparente dell’immagine viene proiettata nel futuro grazie a un filo luminoso che si dipana lungo gli anfratti dell’opera. S. Cascavilla realizza i suoi light box utilizzando come supporti colapasta colorati, sui quali applica le proprie opere retroilluminandole con una mirabile resa cromatica data sia dall’opera sia dal supporto inconsueto. M. Giordano gioca invece con la percezione, basandosi sul ricordo e sulla riproduzione senza forme e colori se non immaginati o percepiti in precedenza. EMOZIONI L’emozione che viene più spesso suscitata durante i giochi e in altre forme di intrattenimento e di espressione artistica è la paura. Basti pensare a elementi decorativi gotici come gocciolatoi e gargouilles, effetti speciali del cinema, intrattenimenti dei parchi divertimenti ecc. Aeno nella china ”non mi fai paura” rappresenta questa realtà: suscitare la paura serve ad esorcizzarla. Anche i fumetti rappresentano spesso scene di paura, come accade nell’opera di A. Gallo, ma poi la vicenda si risolve nel divertimento: ciò che prima aveva destato timore, si è poi invece rivelato motivo di ilarità. La tenerezza è presente soprattutto nei peluches come giocattoli, ma anche in opere che una volta si riteneva fossero riservate all’infanzia e ora a pieno titolo sono apprezzate in qualità di opere d’arte. Le illustrazioni di libri o calen- dari di M. Frezzato o la simpaticissima Linea di Cavandoli, così espressiva anche se priva di occhi e provvista di una quantità minima di particolari. Il cattivo per eccellenza, il lupo, nelle strisce di Silver e nelle illustrazioni di B. Cannucciari diventa un personaggio simpaticissimo e amatissimo. Il rapporto non facile tra fratelli è una realtà frequente, tanto più se uno è molto forte, abile e bello e l’altro è piccolo, relativamente debole e non attraente. Le doti umane del secondo, però, fanno sì che la sua simpatia sia decisamente maggiore, come accade nell’opera di B. Bozzetto “minivip” fotogramma del lungometraggio animato “Vip mio fratello superuomo”. Gli innumerevoli personaggi creati dai pubblicitari di Carosello, come Pippo, Carmencita, Caballero, Papalla, Topo Gigio, Miguel, Calimero, l’omino Bialetti, Jo condor, Susanna, il Bibendum ecc. sono rimasti nel cuore di tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di “andare a letto dopo Carosello” e quei personaggi creati per promuovere prodotti in realtà hanno saputo emozionare e divertire più di altre opere d’arte più “blasonate”. Altre rappresentazioni, come il clown che distribuisce le palline con sorpresa, sono state relegate ad una funzione di puro intrattenimento, ma ora che sono diventate “vintage”, vengono anche apprezzate per la accurata e apprezzabile realizzazione. La sorpresa è anche presente in uova pasquali e ovetti e ha il fascino di essere misteriosa finché non viene svelata e montata. A volte viene realizzata da artisti del calibro di M. Guaschino, come le sorpresine qui esposte. IRONIA L’ironia è un elemento fondamentale del divertimento e lo troviamo spesso nell’arte contemporanea, che stupisce e spiazza molto più di quanto non succedesse in passato. La totalità delle opere di S. Alligo qui esposte si muove in questa direzione: “Buona da morire” sottolinea il fatto che mangiamo cadaveri, una realtà inconfutabile, che però, rappresentata in questa maniera, ci coglie in contropiede: la “Morte di un pulcino” ci lascia attoniti anche per l’iperrealismo della realizzazione, sebbene la scientificità di quanto rappresentato risulti meno precisa rispetto a “Buona da morire”. “Facciasciutta” è irresistibile e si contrappone mirabilmente a “Facciasecca” di M. Guaschino. Realizzazioni tecnicamente diversissime, che abbinate instaurano un dialogo perfetto. Il “Chaplin” di S. Alligo non solo viene ritratto all’interno della bombetta che è diventata il simbolo del personaggio, ma è anche una fonte di continue sorprese: in visione frontale sembra un ritratto, in laterale si vede che in realtà è in rilievo: infatti gli occhi così vivaci sono cavi e i baffi sono sostituiti da un frammento di pellicola. Tomoko Nagao si rifà invece al famoso Bacco di Caravaggio, utilizzando però uno stile “manga” e sostituendo vino e uva con nutella, cup noodles e monitor con google per attualizzare le forme di piacere. S. Zanoli coraggiosamente ironizza sul suo stato di salute, presentandoci una sua positron emission tomography (PET) opportunamente colorata e con la scritta esplicativa “self portrait”. IL GIOCO IN CITTAʼ La città difficilmente viene rappresentata come sede di divertimento, ma, es- sendo in realtà un agglomerato di persone, in essa il gioco è sempre presente, come ci ricorda E. Gagliardino con la sua porta da calcio addossata ai suoi classici muri: dietro alle finestre non sappiamo che cosa accada, ma certamente in qualche spazio ci sono bambini che giocano, come nelle opere di M. Di Trapani. G. Valobra con la sua foto ci cala invece nella realtà della periferia di Los Angeles, ravvivata dai murales che tentano di proiettare l’osservatore in una realtà diversa, certamente più gradevole, creando un bel rapporto fra le persone reali e quelle rappresentate sul muro. Il dramma delle Torri gemelle è invece ripreso da S. Zanoli in “Drago a NY” opera nella quale un mostro (giocattolo) distrugge la città, come avviene in molti film di fantascienza, come Godzilla, ad esempio, ma la realtà ha purtroppo superato la fantasia.
perfetto
sono contento
il gioco e’ arte ma c’e’ anche l’arte di giocare
avevo piacere di esporre alcune piccole opere, se gentilmente mi vuole contattare.
in attesa porgo cordiali saluti enrica zampieri
grazie per il contatto, la parte espositiva da settembre 18 viene gestita da go art factory il referente è Osvaldo Neirotti, lo può contattare a nome mio 3381677137
grazie cordiali saluti