L’ Antieroe

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Mentre iniziava il lavoro di preparazione della mostra dal titolo l’antieroe, il quotidiano “La Stampa” ha pubblicato due  Buongiorno che hanno suscitato molto interesse e dibattito, come dimostrato dalla quantità di commenti pubblicati sul sito. C’è desiderio di spostare l’attenzione dall’”eroe” a qualcosa di diverso.

I MIEI EROI

28/06/2014
MASSIMO GRAMELLINI
«Caro Massimo, mi piacerebbe condividere con te il mio Buongiorno speciale. In questo periodo storico particolare, vorrei che qualcuno mi chiedesse chi sono i miei eroi, le persone per le quali valga davvero la pena di svegliarsi al mattino. Risponderei che i miei eroi sono tanti. Non i politici (ovviamente), non i colleghi avvocati più anziani di me (spesso accecati dalla corsa al guadagno), nemmeno i Grandi della storia e coloro che si sono distinti per i loro atti valorosi.  

La mia prima eroina è V., 4 anni, che un sabato pomeriggio mi ha fatto venire la pelle d’oca quando si è svegliata disperata per dirmi “io non voglio più stare nella casa dei bambini, io voglio due grandi speciali”. È P., 2 anni, che quando mi vede entrare mi ringrazia con il suo sorriso e i suoi occhi, dato che la bocca emette ancora suoni indistinti. È anche D., 16 anni, che studia talmente tanto a scuola che i suoi educatori fanno a gara per andare ai colloqui con i professori. Ed è anche Paolo, un signore in pensione a cui non piace molto giocare con i bambini, ma si occupa della loro casa anche solo cambiando una lampadina. O Emma, una signora di mezza età che la domenica cucina per tutti il suo profumato ragù. Vedi, Massimo, esistono ancora molti eroi nell’Italia che troppe persone non fanno altro che criticare. Pochissimi li vedono. Eppure i miei eroi sono talmente semplici da essere davanti agli occhi di tutti». Sara 
Grazie, Sara, per la boccata d’aria fresca. Però, credimi, non sei sola. Tanti vedono i tuoi eroi semplici e tanti ne hanno di propri. Da oggi, se vorranno, i nostri lettori potranno dirci quali sono scrivendoli nello spazio “commenta” in basso a destra di questa pagina.
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MANOMESSI

15/07/2014
MASSIMO GRAMELLINI
Agli albori del nuovo Reich, mezzo mondo accusa il piccolo grande sconfitto Lionel Messi di non essere colui che in fondo non è mai stato. Follie moderne, da anime deboli che elemosinano leadership forti. Messi ha sempre avuto più talento che carattere. Del fuoriclasse ha i piedi, non la personalità. Ma bisognava trovare un eroe a cui intestare i Mondiali e gli sponsor e gli appassionati hanno caricato Messi di significati maradonici che non si è mai sognato di possedere. Adesso lo si processa per non avere mantenuto le promesse, dimenticando che erano promesse fondate su un’illusione non suggerita da uno straccio di fatto. Lo stesso cortocircuito dell’assurdo si era consumato anni fa intorno a Obama, un brillante intellettuale di Chicago casualmente di colore che il desiderio collettivo trasformò nel messia destinato a condurre l’Occidente oltre le sabbie della crisi, con i bei risultati che si sono visti.  
Questo bisogno disperato di uomini soli al comando su cui scaricare aspettative e responsabilità ricorda il meccanismo di certi innamoramenti, quando l’amante impresta all’amato o all’amata una serie di qualità inesistenti e poi rimane deluso dallo scoprire che in effetti non esistono. I leader sono marchi di riconoscimento che per comodità comunicativa appiccichiamo a un evento o a un’epoca. Con buona pace di politologi e giornalisti attratti dal mito del Capo taumaturgo, ci vuole lo sforzo comune di tante persone per cambiare davvero la realtà. Al Maracanà non ha vinto un leader, ma una squadra.  
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L’ANTIEROE

Soprattutto nei periodi di crisi e nel cambiamento di un epoca, la figura dell’eroe pare anacronistica, cito come esempio il “Don Chisciotte” di Cervantes (1606). La scarsa fiducia nelle istituzioni, dopo i fasti conseguenti alla scoperta dell’America, la crisi di valori, il desiderio di tornare alla gloria dell’epoca precedente, fanno sì che il protagonista si stacchi dalla realtà e viva esperienze “cavalleresche” che imitano la letteratura dei secoli XV e XVI, ma risultano ridicole se inserite nella realtà dei secoli successivi.
L’ironia verso i miti del passato può contribuire a rivolgere l’attenzione a realtà meno eclatanti, ma comunque degne di nota: non viene ricercato l’uomo forte, quanto il contributo di ognuno al vivere di ogni giorno.
Ecco il significato della contrapposizione fra l’ironia di De Molfetta verso i miti americani (fatman, Gundama, la statua della Libertà sovrappeso) e la valorizzazione della sofferenza  e dell’eroismo quotidiano  nelle opere di Montenero (approdare alla deriva: i migranti), Alessandri (l’uomo invisibile) et al.
Esistono eroi noti e ignoti, come sottolineato nella serie “Eroica”di Daniele Fissore,  realizzata in occasione del 150° anniversario dell’unità di Italia.
Il supervip invincibile del lungometraggio di Bruno Bozzetto di fine anni ‘60, viene superato dalle qualità umane del fratello minivip, meno super, e più vicino a tutti noi.
La consapevolezza della forza derivante dalle qualità delle “persone comuni” può contribuire in maniera determinante, anche in un protratto periodo difficile, ad aver fiducia nella possibilità di riscatto, come si evince dal contributo dei molti artisti che hanno preso parte a questa mostra.

L’ANTIEROE – ELENCO OPERE ESPOSTE

LE PERSONE CHE NON NOTIAMO
L’UOMO INVISIBILE (Lorenzo Alessandri)
EROI NOTI E IGNOTI (Daniele Fissore)
I BAMBINI DI TEREZIN (Roberto Zargani)
PINOCCHIO (Enrico Colombotto Rosso)
INDIFFERENZA (Daniele Ez Zaaf)

LE COSE CHE NON NOTIAMO
RAGNO (Francesco Donato)
SASSO (Antonella Romano)
ASFALTO (Silvano Pupella)
SPIGA-UOVA (Bruno Fassetta)
LA FOGLIA (Luisa Valentini)
SOGNO (Fabrizio Riccardi)

L’UOMO FORTE \ IL SUPEREROE
MINIVIP (Bruno Bozzetto)
FATMAN –  GUNDAMA – LA STATUA DELLA LIBERTA’ (Francesco De Molfetta)
DON CHISCIOTTE (Armando Valcauda)
CAVALLO ROMANO (Mario Molinari)
L’ARMATURA (Valentina Corradin)

I SIMBOLI DEL POTERE
SESAMETE (Francesco De Molfetta)
LA TELECAMERA (Francesco De Molfetta)
LA SPADA (Carlo D’Oria)
IL SIMBOLO DELLA PACE (Don Giampaolo)

LA SUPERBIA
KEPLERO (Miguel Lima)
EINSTEIN (Gianni Gianasso)

UNA VITA EROICA
LA PIETA’ DI MICHELANGELO (Michele Sardo)
PITTURE RUPESTRI (Giulio Vigna)
PAOLO VILLAGGIO (Nadia Gentile)
LA VALLE DEGLI UOMINI CHE SI CREDONO POTENTI (Giovanni Ghigliano)

LA MODESTIA DELL’ARTISTA
FUNERALE (Gino Garrone)
OCCHIO (Bruno Fassetta)
IL NON VASE (Alberto Caramello)

GLI ESCLUSI
MATTI (Rocco Forgione)
MIGRANTI (Riccardina Montenero)
AFGANI (Claudio Cravero)
MURO (Enzo Gagliardino)
IN SCATOLA (Fabrizio Riccardi)
FIGURA IMPRIGIONATA (Lidia Ines Montero)
MARYOLINAGALO (Galo)
LA DONNA VELATA (Br1)
POLITTICO (Fabrizio Riccardi)

RIFLETTERE
RIFLESSO (Guido Ottolenghi)

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STORIA DI UN TERMINE, STORIA DI UN PERSONAGGIO

Tracciare la preistoria della figura dell’Antieroe può sembrare un controsenso, visto che il termine stesso è un neologismo assai recente, almeno in italiano: se si consulta infatti il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, si scopre che nel 1961 (anno di pubblicazione del I volume) parole come antieroe/antieroina/antieroico non esistevano ancora (mentre, per esempio, era catalogato l’aggettivo antierotico, usato da Giacomo Leopardi). Eppure eroe è parola antichissima, greca (come il prefisso anti, d’altronde), che pure in greco significava tutt’altra cosa rispetto all’accezione moderna: eroe non era “chi, in imprese guerresche o di altro genere, dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie” (definizione del Dizionario Treccani), ma, più tecnicamente, il figlio di un uomo e una dea o di una donna e un dio, il frutto cioè di quella particolare fase mitica in cui uomini e dèi ancora potevano convivere sulla Terra. Achille, quindi, era “eroe” non tanto per le imprese sotto le mura di Troia, quanto per via della madre Teti.
E l’antieroe, allora? Se in italiano, come si è visto, il termine è formazione degli ultimi decenni, in inglese è attestato già dal 1714, ad indicare il personaggio letterario, che, pur essendo il protagonista di una storia, non solo non possiede le qualità dell’“eroe”, ma anzi si configura per antitesi rispetto ad esso.
Una volta che lo definiamo così, allora è forse più facile cercare antieroi ante litteram, ovvero precedenti alla nascita del termine e del genere letterario, nascita che gli studiosi fanno coincidere con il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes (1547-1616): e, in effetti, chi può incarnare questa figura meglio di un cavaliere sistematicamente e programmaticamente antitetico rispetto al paladino medievale che pure lo stralunato protagonista avrebbe voluto incarnare?
Se torniamo più indietro con i secoli, troviamo tracce antieroiche dove meno ce lo aspetteremmo: il clichédell’eroe, infatti, lo rende – lo dovrebbe rendere – impermeabile non solo alle spade dei nemici, ma anche agli strali dell’amore. Ma già l’epica postomerica, per influsso di altri generi letterari più leggeri, aveva fatto evolvere la figura dell’eroe mitico, accogliendo anche la prospettiva di vederlo innamorato o comunque succube del fascino femminile: è il caso del poema alessandrino Le Argonautiche di Apollonio Rodio (III-II sec. a.C.), in cui il protagonista, Giasone, è stregato dalla bellezza della giovane maga Medea. Per passare ad un esempio certamente più noto, il precedente delle Argonautiche venne sfruttato da Virgilio, che nel famoso IV libro dell’Eneide ci rappresenta un Enea “borghese”, dimentico dei suoi destini di conquiste e di avventure e sensibile al richiamo insieme sensuale e domestico della regina di Cartagine, Didone. Visto che la storia della letteratura è storia di riprese, di allusioni, di richiami e di riscritture, l’Orlando innamorato della tradizione cavalleresca rinascimentale è figlio alla decima potenza di questi precedenti antieroici greci e latini.
Gli studiosi hanno però notato che per avere un antieroe “vero” è stato necessario che pian piano i protagonisti dei racconti passassero da eroi (nel senso greco del semidio), da re e regine a borghesi e a popolani. Ciò succede con piena maturità tra Otto e Novecento ed è lì che l’antieroe viene declinato (soprattutto nella letteratura americana) con maggiore ricchezza. Ma prima? Nulla? No, anche su questo versante la classicità ci lascia un precedente, e che precedente: sono Ascilto, Encolpio, Gìtone, Eumolpo e soprattutto Trimalchione, i protagonisti dell’epica improbabile del Satiricon di Petronio Arbitro (I sec. d.C.): non eroi, non nobili, ma “gente comune”, poveri se colti, cafoni se ricchi, che in un dedalo di allusioni per antitesi all’epica “alta” e ai viaggi di Ulisse si perdono e si ritrovano in un mileu di grande squallore, descritto con impareggiabile, amaro distacco.
Per fungere da finale possiamo citare Omero, che in realtà è l’inizio di tutto: nel II libro dell’Iliade, infatti, si legge un breve cameo dedicato a un personaggio che non compare più nel resto del poema: è Tersite, un soldato greco che incarna la negazione dell’eroismo classico: tanto Achille e compagni erano coraggiosi e diretti quanto egli appare vigliacco e opportunista. Nella visione omerica, e greca in generale, della coerenza tra virtù morali e aspetto esteriore, Tersite rispecchia nella sua deformità fisica la sua desolazione morale. È l’archetipo più remoto dei molti “eroi senza qualità” che popolano le pagine dei nostri libri.

Prof. Ermanno Malaspina (Università di Torino)

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